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Nocera Superiore - Guida della città

Ultimo aggiornamento : 08/09/2016

 

 ...Ceterum coloniae Capua atque Nuceria additis veteranis firmatae sunt,..

 

(Tacito - Annales XI - 4)

 

La storia della città di Nocera Superiore ha inizio circa 2600 anni orsono. Passaggio obbligato, fin dai tempi più remoti, fra l'Italia centrale e meridionale, Nuceria, con un'estensione due volte più grande di Pompei, vanta una storia ricca e travagliata ed è menzionata nelle opere degli scrittori antichi: Stazio, Cicerone, Seneca, Polibio, Svetonio, Sallustio, Virgilio, Tito Livio, Dione Cassio, Plinio il vecchio, Silio Italico, Lucano, Tacito, Appiano, Frontino, Claudio Tolomeo, Floro, Valerio Massimo e Cassiodoro.

I primi abitatori fondarono i villaggi di Oschito e Trebulonia, fra Pareti e Pucciano, dove acqua e legna da ardere sono abbondanti.

Il nome Nuceria deriva, con molta probabilità, dall'indoeuropeo "Nubkria" che significa la Nuova.

Nel V secolo a. C., col passaggio alla dominazione sannitica, Nuceria assunse l'appellativo di Alfaterna, per l'arrivo di genti, probabilmente, originarie della Sabina; dal I secolo alla fine dell'Impero s'appellò Constantia.

Nonostante la dominazione etrusca, Nuceria conservò lingua ed alfabeto propri e coniò moneta dal 280 a. C..

Capeggiò la Pentapoli osco-sannitica comprendente Ercolano, Pompei, Stabia e Sorrento, e fu centro gravitazionale per il territorio compreso fra il Vesuvio ed i Monti Lattari sul quale esrcitò un indiscusso predominio.

Nel 308 Fabio Massimo Rulliano, dopo reiterati attacchi, conquistò Nuceria Alfaterna che fu costretta ad allearsi con Roma pur conservando la sua autonomia.

I Nocerini nella guerra sociale parteggiarono coi Romani contro gli alleati italici che ottennero solidarietà dalle altre città della Pentapoli. Al termine delle ostilità, Nuceria Constantia si vide attribuito il territorio di Stabia, distrutto da Silla; i suoi abitanti ottennero la cittadinanza romana e furono iscritti alla tribù suburbana Menenia.

Avvolta da una cinta muraria difensiva, di oltre quattro chilometri, la città, saccheggiata e incendiata, nel 216, da Annibale, fu ricostruita alla fine del II secolo.

 

Durante la riedificazione gli abitanti trovarono provvisoria dimora ad Atella, la cui popolazione fu esiliata a Turii e Calatia dai Romani per aver spalancato le porte al Cartaginese, seguendo l'esempio di Capua.

Diversi i Nocerini citati dagli storici romani: Publio Sittio, sodale di Catilina, il quale favorì nel 46, la vittoria di Cesare a Tapso ottenendo, in premio, il governo di un vasto territorio intorno a Cyrta; Marco Nonio Balbo, governatore di varie province, il retore Epidio, maestro di Ottaviano e Marcantonio.

L’Augusto, per ingraziarsi le legioni, distribuì ai veterani terre in tutta Italia; una colonia fu destinata a Nuceria Constantia, dove operava anche un collegio di Augustali.

Confermata da Tiberio municipio romano, Nuceria, sotto Nerone, restò tale sino alla caduta dell'Impero ed accolse altri veterani.

Gli edili più noti presenti nella città furono: Marcellus, Marcianus, Niceforus, e Quintasus.

Attraversata dalla via Popilia e lambita da altre strade, la città era fornita di varie porte, le principali venivano denominate: Maggiore, Romana, Pompei e Stabiana.

Dopo il IV secolo Nuceria, fornita di un impianto urbano di tipo ippodameo, vide il suo territorio danneggiato da terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni e saccheggi che infersero gravi danni a strade, abitazioni, teatri, templi, foro, terme e basiliche attestanti una singolare grandezza.

 

Già semispopolata, la città non riuscì a risollevarsi nei 50 anni di dominio bizantino durante i quali, su di una struttura pubblica, già esistente, venne edificato il grande Battistero.

Pochi decenni dopo l'arrivo dei Longobardi sul territorio dell'antica città, protetto da un tratto superstite di mura, permaneva un'esigua quantità di abitanti.

Nel X secolo, oltre quello che era stato il perimetro della cinta muraria, lungo i tratti delle strade romane, crebbero nuovi villaggi che poco dopo l'anno 1000, aggregandosi, diedero vita alla Nova Firmitas, riconducibile all'attuale territorio dí Nocera Inferiore.

Nel 1228 i nuclei familiari dimoranti sul suolo dell’antico centro erano inclusi in Nocera dei Cristiani, in seguito Nocera dei Pagani.

Fra le Università che sorsero nella zona la più importante fu Nocera Corpo comprendente, per intero, l'attuale Nocera Superiore ed una parte dell'odierna Nocera Inferiore.

Il nostro territorio fu prescelto da famiglie nobili e benestanti, che vi edificarono poderose residenze: Albani, Baldino, Bergamo, Calenda, Capomazza, D'Amora, D'Alessio, De Angelis, de Rosa, Lafragola, Pagano, Pecoraro, Primicerio, Savarese, Villani ed Ungaro.

Straordinaria fu la pietà degli abitanti che favorì la costruzione di un gran numero di cappelle e chiese, ricostruite nei secoli, alcune non riedificate dopo eventi distruttivi.

Nocera Superiore vantava diverse Congregazioni laicali di antichissima costituzione: Santa Caterina d'Alessandria, della Carità, della Beata Vergine dei sette dolori. Ancora attive le Corporazioni di Santa Lucia di Siracusa, Madonna SS. del Rosario e SS. Nome di Dio, tre le Congregazioni religiose femminili e due i Conventi francescani.

La nostra città diede i natali al diacono Numerio, consacrato Vescovo da Gregorio I il Grande; a mons. Giuseppe de Rosa (dell'omonima antica famiglia, con palazzo in S. Clemente, nel quale, nella notte del 23 Novembre 1535, riposò l'Imperatore Carlo V, nel ritornare a Napoli dopo la vittoria di Tunisi), Vescovo di Policastro; a mons. Filippo Primicerio, nato a Pareti, Vescovo di Anglona; a mons. Andrea Cardamone, nativo di Malloni, Arcivescovo di Rossano; a mons. Carlo Baldino, abile legislatore, Arcivescovo di Sorrento; a Luigi Calenda, Procuratore generale della Suprema Corte di Giustizia di Napoli, al fratello Pasquale, Consigliere della medesima istituzione; a Massimo Montella, Governatore della città di Altamura; a Pasquale Villani, Governatore della terra di Albanella; ai valenti dottori fisici Matteo Angelo Dattilo, Simone Torre, Matteo Angelo Ungaro; ai dottori in Giurisprudenza Giovanni Battista e Carlo D'Alessio, il primo sindaco, per lungo tempo, dell'Università di Nocera Corpo, il secondo autore d'interessanti trattati; a Giovanni Spagnuolo e Vincenzo Guarnaccia, alti magistrati, ad Alfonso Fresa, astronomo.

Le testimonianze di un passato ricco di avvenimenti storici, non privo di tradizioni ragguardevoli e prosperità commerciale, trovano una rispondenza nella realtà attuale di Nocera Superiore.

 

L'agricoltura, importante per elezione pedologica e per le diverse varietà colturali, viene, costantemente, aggiornata alle esigenze di mercato.

Più importante è il ruolo delle imprese industriali, quelle legate alla trasformazione dei prodotti agricoli vantano molti lustri; gli opifici maggiormente diffusi appartengono ai settori alimentare e meccanico. Le esportazioni raggiungono non solo quasi tutti i Paesi europei e delle Americhe, ma anche Nazioni dell'Africa mediterranea, del vicino e dell'estremo Oriente.

Il commercio al minuto ed in sede fissa conta quasi 500 unità operative.

Tra le manifestazioni folkloristiche, nota in tutta la valle del Sarno e dell’Agro nolano è la secolare festa della B.V. in cielo Assunta, accompagnata dal sagra della «Palatella, bupata e alici» (panetto a forma lunga, dai cantucci rotondi, contenente melanzane non decorticate, sbollentate nell'aceto e trattate con olio, origano e peperoncino, nonché acciughe salate del Golfo di Salerno) che si tiene nei giorni 14 e 15 Agosto.

Sempre a Materdomini, si svolge, nella giornata del 1° Maggio, l’antica festa del «Majo» una sorta di Calendimaggio di più antica origine. I Sindaci di Roccapiemonte e Nocera Superiore, in corteo, unitamente agli aderenti alla Confraternita della Madonna SS. del Rosario portano, nella Basilica della Mater Domini tre alberelli, adorni di fiori ed altri artifici, al fine di ottenere benedizione propiziatrice di abbondanti raccolti. Al termine di una solenne S. Messa competizioni e musica antica.

La popolazione residente conta oltre 24.000 unità, comprese in poco più di 6000 nuclei familiari; il territorio si estende per 14,71 chilometri quadrati; l'altezza del centro cittadino è di 60 metri sul livello del mare. La città si colloca a 14°40'07" longitudine Est ed a 40°44'10" latitudine Nord.

Nocera Superiore è circondata a Sud dal monte Albino, a Nord dal Solano e ad Est dalla collina Citola.

Il giro della città richiede cinque ore durante le quali il visitatote apprenderà la sua storia, nota a pochi, ma non per questo meno importante.

L'itinerario da Pareti a Grotte, a S. Maria Maggiore, a S. Clemente, a Materdomini, a Pecorari, attraverso strade sovrastanti l'antico assetto viario, ci conduce alla visita di siti archeologici e chiese di vetusta edificazione.

Nella zona antica di Pareti sono visibili numerose costruzioni in opus incertum, nonché tratti della cinta muraria e torri difensive.

Alquanto recenti campagne di scavo hanno portato alla luce un teatro del periodo ellenistico che sorge su di una vasta area semicircolare; costruito dai Sanniti, ad imitazione dei teatri greci, fu ristrutturato e riutilizzato in epoca augustea.

A poca distanza, troviamo il complesso della Congregazione religiosa "Suore figlie di Maria Immacolata", con omonima Cappella, sorta per desiderio del filantropo Simone Torre, che, fin dal 1706, volle l'istituzione di un conservatorio per le vergini bisognose della zona.

A meno di cento metri, la chiesa di S. Bartolomeo Apostolo le cui origini risalgono agli inizi del XVI secolo quand'essa era fornita di ben dieci altari e nella quale essendo parroco l'ardente don Antonio Majorino fece ingresso, nel 1883, la reliquia ossea di S. Ciro, autenticata dal Vescovo dell'epoca mons. Francesco Vitagliano, patrizio cavese. La bella statua del Santo è opera dello scultore napoletano Melfi.

La chiesa è ricca di tele importanti, fra cui la Deposizione di Angelo Solimena, capolavoro del grande pittore.

Scendendo da Pareti, raggiungiamo S. Pietro e percorrendo via Portaromana, notiamo l'Istituto della Congregazione delle suore "Serve di Maria Addolorata", fondata da suor Maria Consiglia dello Spirito Santo; di fianco la chiesetta edificata intorno al 1887, più volte ristrutturata. Arriviamo a Grotte dove, completamente interrato, giace l'Anfiteatro, costruito fra il 60 ed il 65 d. C., essendo stato chiuso quello di Pompei a seguito della cruenta rissa, promossa da Livineo Regolo, avvenuta nell'anno 59, che vide i Nocerini soccombere ai Pompeiani. Scoperta codesta, risalente al 1958, dovuta all'appassionato impegno di due cultori di antichità nocerine: Padre Antonio Fresa e suo fratello Alfonso, astronomo.

Recandoci più avanti e svoltando a destra raggiungiamo la chiesa di Santa Maria degli Angeli, con annesso convento minoritico, l'edificazione di entrambi gli edifici risale al 1592. Promotore delle costruzioni fu padre Girolamo Villani, da Pareti, Provinciale dei Frati Minori di Principato Citra il quale, sui resti di una sacro edificio (soppresso nel 1565 dal Vescovo Paolo Giovio Nipote), fondò un ulteriore centro di richiamo francescano. La chiesa che, nella facciata, presenta sovrapposizioni d'epoche diverse, possiede una sola navata ed ha, ai due lati, una serie di quattro archi che, a passo austero ed elegante, conducono all'ampio spazio absidale.

Rifatta dopo il terremoto del 1688, agli inizi del 1893 venne arricchita di un organo liturgico "Fedeli" che mantiene inalterata la sua perfezione tecnica. Ricostruita nel 1908 in tutta la parte superiore, fu decorata dagli affreschisti napoletani Vincenzo e Raffaele Severino. Una visione riposante colpisce il visitatore che trova di grande interesse artistico gli altari laterali settecenteschi; dello stesso periodo è l'altare maggiore, dominato da un quadro di Belisario Corezio raffigurante la Gloria del Poverello d'Assisi con al lato il Principe degli Apostoli. L’ara è sormontata da un Crocefisso, opera dell'artista Dino Grieco da Napoli. Il soffitto, dai toni luminosi e caldi, presenta, nella decorazione, i Santi dei tre ordini francescani. Al centro, in quadri sereni, tre momenti della vita di San Francesco, di cui due con esplicito riferimento al titolo della chiesa.

Nel maestoso affresco centrale l'angusto spazio della chiesina della Porziuncola, come per miracolo, si è dilatato per dare luogo al giubilo ed al canto degli angeli. Il poverello di Assisi chiede a Cristo la grazia del perdono plenario per tutti gli uomini.

Al chiostro si accede a destra dell'ingresso della chiesa.

I massicci pilastri, dalle ampie arcate, dalle volte incrociate e affrescate con decorazioni eleganti, colpiscono l'osservatore che noterà la ricchezza e l'armonia dei simboli, dei medaglioni, del fiorame, delle cornici e delle figure coprenti volte e pareti, opera del pittore Alessandro Pennino.

Al piano superiore, lato orientale, la ricca biblioteca, forte di circa 20.000 volumi, 2.000 opuscoli e periodici, 80 cinquecentine ed 8 incunaboli, è fra le più dotate dell'Agro. I fondi librari riguardano: S. Scrittura, Teologia, Dommatica e Morale, S. Eloquenza, Diritto, Filosofia, Letteratura classica e moderna, Scienza, Arte e Fisica. Il fondo di maggiore pregio è costituito dalle cinquecentine e dagli incunaboli. Fra le opere più antiche: "De conformitate vitae beati Francisci", di Bartolomeo da Pisa, stampata a Milano nel 1513 e la cinquecentina della prima edizione critica dell'Orlando Furioso, stampata a Venezia, nel 1568, da Vincenzo Valgrisi. Ripercorsa via Grotte, per via Trieste e via Petrosino giungiamo a Santa Maria Maggiore, dove sorge il tempio paleocristiano, edificato intorno al VI secolo. Da primitiva sala termale, passò a tempio dei primi Cristiani, nonché sede vescovile.

 

La Rotonda, salvata, dallo spoglio da Re Ferdinando II di Borbone, giace a tre metri sotto l'attuale livello stradale; del tipo delle chiese di Santa Costanza e Santo Stefano Rotondo in Roma il tempio ha pianta circolare. All'interno un giro di trenta colonne binate nel senso del raggio, reggono archetti sui quali si alza una doppia cupola, cilindrica all'esterno, ovoidale all'interno. Le colonne del giro esterno sono di marmo cipollino, quelle interne sono di granito bigio, travertino, alabastro orientale e giallo antico. Nel mezzo, un’ampia vasca cinta da un'iconostasi di cinque colonne, delle otto primitive, collocate su di un muretto adorno di lastre marmoree, incise. A sinistra del portale, in corrispondenza dell'ingresso originario, affreschi del XV e XVI secolo, inerenti scene del Nuovo Testamento.

A settentrione del tempio, sulla strada, la cappella di Santa Caterina d'Alessandria, Fratancia, agli inizi dell'XI secolo, edificata sulla preesistente cappella di S. Agata cum Ospitale.

A sinistra dell’edificio antico la chiesa di Santa Maria Maggiore, restaurata dopo il sisma del 1980, la più antica parrocchia della città. Progettata dell'architetto gesuita Giambattista Iazzolla, venne realizzata con assegni fissi del Vescovo, mons. Agnello Giuseppe d'Auria, marchese di Cassibile, commendatore del Real Ordine del Merito Civile di Francesco I, di Re Ferdinando II e con sussidi comunali e dei fedeli; fu aperta al culto nel 1854.

Il vicino campanile, voluto dal Borbone, fu ideato a Napoli; i lavori furono diretti dall'architetto Ulisse Rizzi, docente universitario e dall'ingegnere Andrea Fortunato del Genio civile con le funzioni di ufficiale di sezione del Genio militare presso la Sotto Direzione napoletana; nel medesimo anno il Re ordinò la costruzione del ponte sul Cavaiola e dello scalone, in pietra lavica, per accedere al villaggio di Santa Maria Maggiore dalla via antica costeggiante l'alveo proveniente da Cava.

Attraverso via Roma, giungiamo a S. Clemente ove, in in località Pizzone, sono stati portati alla luce monumenti funerari di età tardo repubblicana romana ed imperiale, sepolture delle famiglie: Cornelia, Numisia e Lutatia.

Valicato il passaggio a livello, poco dopo, troviamo la cappella della Madonna Auxilium Christianorum, della Congregazione religiosa delle Suore "Crocifisse Adoratrici dell’Eucarestia", che dimorano nel palazzo cinquecentesco, donato dalla nobildonna Emmanuela Villani. Nella graziosa chiesetta, intronizzata nel 1874, la bella statua lignea della Madonna Aiuto dei Cristiani, di artigiano anonimo.

Lasciata la cappella, proseguendo a sinistra, è possibile vedere, in discreto stato, un'antica torre della cinta muraria settentrionale.

Ripercorrendo via Petrosino e via degli Ungaro giungiamo in via Garibaldi dove troviamo, alla base della montagnola del castello, voluto da Gauimario a protezione delle strade sottostanti, la cappella dedicata a Sant'Onofrio, eremita della Tebaide egiziana.

Giungiamo ad Iroma, quando la strada si biforca ci dirigiamo a sinistra per raggiungere il piazzale dominato dal Santuario della Mater Domini e dal Convento che, da oltre 150 anni,è tenuto dai Francescani preceduti, nei secoli passati, da altri Ordini monastici.

 

Il Santuario sorge dove, nel lontano 1060, la popolana Caramarì rinvenne la miracolosa immagine della Madonna Bruna, di artista ignoto, nascosta sotto terra, forse, durante la persecuzione iconoclasta. Il valente religioso Pietro De Regina, al secolo Pietro Ferrara, da Roccapiemonte, promosse, con efficacia, il culto dell'Assunta.

Il Tempio, protetto da Ruggiero il Normanno, da Federico II e dai Sovrani angioini, fu scelto come luogo di sepoltura dalle famiglie: Astuto, Calenda, Calvanese, Capomazza, De  Alessio, de Cesare, de Filippo, Ferrara, Pecoraro e Stalagio. Entriamo nel Santuario superando un portico, a tre arcate e la porta lignea, sulla quale sono state ricavate formelle, a bassorilievo, illustranti il ritrovamento della sacra immagine.

La basilica, d'impronta vanvitelliana, ha tre navate, fu ricostruita, in buona parte, dopo l'ultimo conflitto mondiale, è dotata di un organo "Ruffatti" che bene conserva la sua robusta sonorità.

Opere marmoree notevoli sono l'altare maggiore, la balaustra e il tempietto, edificato nel 1641, opera di Francesco Valentino e Simone Tacca, che ospita il quadro della Mater Domini, dipinta a colori a tempera, su tela, posizionata su due tavole di legno, in castagno, originariamente adibite a copertura di botte da vino, molto resistenti all’ingiuria del tempo in quanto pregne di acido tartarico. Di gran valore sono le opere pittoriche che arricchiscono il sacro edificio: l'Assunzione di Maria nell'abside dell'altare maggiore, di scuola napoletana settecentesca; nella cappella di San Basilio il quadro raffigurante il Vescovo orientale, nonché due tele luminose di Giacinto Diana.

Nella cappella della Congrega, una delle opere più illustri del seicento napoletano, la Madonna del Rosario di Francesco Guarino, quadro di rara bellezza, collocato su un altare pregevole dotato di artistico paliotto intarsiato di marmi policromi.

Nel 1923, Pio XI elevò la chiesa al rango di Basilica Minore, nel 1931 monumento nazionale. Al secondo piano del convento è la biblioteca dove si possono riconoscere tre fondi: uno benedettino, uno basiliano ed uno francescano. Al primo fondo, più modesto per quantità, si ascrivono i testi più rari; al secondo, risalente al XVIII secolo, ricco di opere letterarie, teologiche e filosofiche, appartengano tutti gli altri libri più antichi; al terzo vanno assegnati i testi, quasi esclusivamente religiosi, raccolti dai frati Francescani, sin dal loro arrivo a Materdomini, che costituiscono la maggior parte dei novemila volumi conservati il cui gioiello è rappresentato da un corale, del XV secolo, formato da 127 fogli di pergamena vergati su entrambe le facce e rilegati fra due pesanti tavole di legno.

 

Attraverso la non rettilinea via dell'Indipendenza si giunge all’abitato di Pecorari all'inizio del quale troviamo la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli a cui pose le fondamenta Carmine Celentano, completata nel 1614 con offerte degli abitanti del luogo. Ampliata al tempo del Vescovo Francone, è struttura religiosa nella quale viene professato il culto della B.V. di Costantinopoli e di S. Pasquale Baylon.

Eretta a parrocchia dal Vescovo d'Auria, nel 1857,rimaneggiata nel tempo, la stuttura conserva lo stile seicentesco grazie ai lavori eseguiti nel XVIII secolo: decorazioni, stucchi, altari marmorei e capitelli.

Nel fare ingresso nella chiesa si viene colpiti dalla pala d'altare, di scuola senese, raffigurante la Madonna della città di Costantino che, miracolosamente, la salva. La Vergine sorregge Gesù Bambino, come segno di aiuto e protezione all'abitato, in pericolo, gli angeli intorno comprimono le nuvole e fanno scendere la pioggia, utile a spegnere l'incendio.

L'altare maggiore, del XVIII secolo, ha un tabernacolo con porta in argento decorata.

Nella cupola sul presbiterio è dipinta la colomba dello Spirito Santo attorniata da angeli recanti scritte che inneggiano alla SS. Eucarestia, ai quattro angoli gli evangelisti.

Di pregevole fattura le statue della Madonna di cui al titolo della Chiesa e del santo di Torrehermosa.

Di fronte, l'antico palazzo dove Re Ferdinando II di Borbone, nel giorno 29 Agosto 1857, dopo la visita alla Rotonda, fu ospite di D. Gaetano Albani.

Dopo un centinaio di metri alcune stradine portano alla collina Citola, amena emergenza, dalla quale si può ammirare il panorama di Nocera Superiore che si offre quale base per interessanti escursioni montane, al Caruso ed all'Albino e, nell'arco di una decina di chilometri, a Pompei, Cava dei Tirreni e Vietri sul Mare.

 

Dott. Leonardo Cicalese

 

BIBLIOGRAFIA

 

- Orlando G. - Storia di Nocera dei Pagani, Napoli 1877

- De Santi M. - Memorie delle famiglie nocerine, Napoli 1883.

- D'Afragola G. F. - Storia del Santuario di S. Maria Materdornini, Pompei, 1938.

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- Fresa M. e A. - Nuceria Alfaterna in Campania, Napoli, 1974

- Vassalluzzo M. - Le Crocifisse Adoratrici di Gesù Sacramentato in Nocera de' Pagani, Roccapiemonte, 1974.

- Causa R. - in Civiltà della Campania, Pompei, 1975

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